

ATTUALITÀ – Un recente articolo del Corriere della Sera ha riportato dati allarmanti sul mondo del lavoro nel settore dei servizi, in particolare nella ristorazione, emersi durante l’assemblea nazionale della UILTuCS – Unione Italiana Lavoratori Turismo Commercio e Servizi, sindacato di categoria della UIL che rappresenta i lavoratori del terziario – tenutasi a Firenze l’11 giugno. I numeri diffusi dal sindacato del terziario dipingono un quadro preoccupante per chi lavora in bar, ristoranti e hotel: quasi un lavoratore su due vive in condizioni di precarietà lavorativa, con stipendi che spesso non bastano per una vita dignitosa.
La precarietà nel settore dei servizi
Il settore dei servizi impiega 16,7 milioni di persone in Italia, rappresentando il 69,9% di tutti i lavoratori del paese. Di questi, la maggioranza (51,7%) sono donne. Nel complesso del terziario, i contratti precari rappresentano il 33% del totale, ma la situazione diventa drammatica nella ristorazione dove questa percentuale sale quasi al 50%.
I dati mostrano come tra il 2015 e il 2023 i contratti a termine siano cresciuti del 70%, mentre quelli stabili sono aumentati di appena il 9,5%. Questa tendenza è ancora più marcata per le donne: le lavoratrici precarie sono cresciute del 75,3% contro il 7,9% delle stabili.
Il vero nodo da sciogliere: gli stipendi
Il vero dramma si nasconde nei numeri degli stipendi. Nel settore della ristorazione, i lavoratori stabili guadagnano in media solo 10.000 euro lordi all’anno, mentre quelli con contratti a termine si fermano a 5.500 euro. Gli stagionali raggiungono 7.100 euro annui.
Le retribuzioni reali nel terziario sono crollate del 9% rispetto al 2015, attestandosi a una media di 21.021 euro annui nel 2023. La ristorazione ha registrato una perdita del potere d’acquisto del 9,5%, mentre i servizi di vigilanza hanno perso addirittura il 16,9%.
Il fenomeno dei contratti pirata
Un altro problema grave è rappresentato dai cosiddetti “contratti pirata”: accordi firmati da sindacati non rappresentativi che permettono alle aziende di pagare stipendi molto più bassi. La differenza tra un lavoratore assunto con un contratto regolare e uno con un contratto pirata può superare i 7.000 euro all’anno, a parità di mansioni.
Il tasso di copertura contrattuale nel terziario è sotto l’80%, creando una “zona grigia” che coinvolge quasi 2 milioni di lavoratori per i quali non è chiaro quale contratto venga applicato.
La proposta della Uiltucs
Per contrastare questa situazione, il sindacato ha lanciato la “Proposta 25-50-100”: part-time minimo di 25 ore settimanali, maggiorazione del 50% per le ore domenicali e del 100% per quelle festive. Inoltre, si chiede l’obbligo per le aziende di dichiarare esplicitamente quale contratto applicano ai propri dipendenti.
Come ha sottolineato Paolo Andreani, segretario generale Uiltucs, “il lavoro grigio e precario ruba i sogni di tante persone” condannando 600.000 part-time involontari “alla povertà salariale e previdenziale“. Una realtà che tocca da vicino migliaia di professionisti della ristorazione italiana.
Samantha Merlo, segretaria nazionale della Uiltucs, ha aggiunto che il mercato del lavoro italiano “è disordinato e lento” e che la povertà “non può essere considerata un destino, una responsabilità individuale“, ma è una condizione che nasce da un sistema che non funziona. Una realtà che tocca da vicino migliaia di professionisti della ristorazione italiana.
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