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In Sardegna nasce Tastos, progetto che unisce pastorizia e tartuficoltura

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  • 24 Aprile 2025
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Questo articolo è stato scritto da Horeca News Italia. Clicca qui per leggere l'articolo originale

AZIENDE – Un’alleanza inedita tra pastorizia e agricoltura, con al centro uno dei funghi più pregiati del mondo, il tartufo. È questo il cuore del progetto Tastos, acronimo di “Tartuficoltura Sarda: Tecnologie Orientate alla Sostenibilità”, una nuova scommessa agroalimentare che punta a trasformare la Sardegna in un polo d’eccellenza nella coltivazione e valorizzazione del tartufo nero.

Nato nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale della Sardegna e frutto della collaborazione tra enti scientifici di rilievo come il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Università di Sassari e il Consorzio UNO di Oristano supportati da un’ampia rete di imprese agricole, vivai, apicoltori, trasformatori, ristoratori e operatori della commercializzazione, Tastos si propone di costruire una filiera produttiva completa del tartufo coltivato, integrando sostenibilità ambientale, innovazione tecnologica e pratiche agricole tradizionali. 

L’elemento che rende Tastos davvero unico è la sinergia tra tartufi e ovini. In una terra dove la pastorizia è parte dell’identità culturale e produttiva, le pecore diventano protagoniste inattese ma fondamentali del progetto. Il loro ruolo? Mantenere il sottobosco delle tartufaie libero dalla vegetazione erbacea che ostacola lo sviluppo dei tartufi. Questo compito, svolto naturalmente attraverso il pascolo, consente di contenere i costi e ridurre l’impatto ambientale, in una logica di economia circolare e simbiosi ambientale.

A ospitare le tartufaie saranno in prevalenza noccioli, pianta con altissima capacità di micorizzazione, il processo grazie al quale le spore dei tartufi si legano alle radici delle piante. Una scelta che permette una doppia produzione, da un lato le pregiate nocciole, dall’altro i tartufi ipogei, il tutto aumentando la redditività e il livello di diversificazione dell’offerta produttiva delle aziende agricole coinvolte.

Coltivare tartufi in Sardegna non è un’idea del tutto nuova, in passato ci sono stati infatti tentativi falliti per scarsa preparazione tecnica e per una gestione approssimativa, con le vecchie tartufaie che non venivano opportunamente monitorate e gestite.

È proprio per evitare questi errori che Tastos ha deciso di puntare su formazione, innovazione e pianificazione. Il progetto prevede percorsi formativi per agricoltori e tecnici, laboratori per la trasformazione del prodotto e l’introduzione di nuove tecnologie sia nella coltivazione che nella conservazione dei tartufi.

Oggi in Sardegna il tartufo esiste, ma è raccolto solo in forma spontanea e commercializzato in modo disorganizzato. Tastos vuole trasformare questa realtà frammentaria in una filiera strutturata e moderna, in grado di portare sul mercato nazionale e internazionale un prodotto competitivo e riconoscibile.

Per questo, il progetto mira anche a sviluppare una piattaforma digitale per la vendita del tartufo fresco e dei prodotti trasformati, come creme, oli, formaggi, mieli e salse con proprietà nutraceutiche. La Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari, con sede a Oristano, è già al lavoro per studiare tecniche di conservazione e standardizzazione, attraverso protocolli di produzione certificati che vanno “dal campo alla tavola”.

Per vedere i primi risultati bisognerà pazientare dal momento che potranno essere necessari anche cinque-sette anni perché le tartufaie entrino in produzione. La fase iniziale richiede poi investimenti importanti e un cambio di mentalità da parte degli agricoltori, che devono passare da un’agricoltura estensiva a una coltivazione specializzata. 

Ma se tutto dovesse andare secondo i piani la Sardegna potrebbe presto diventare non solo terra di pecorino, pane carasau e mirto, ma anche patria di un tartufo nero di alta qualità, simbolo di un’agricoltura innovativa e sostenibile. L’aggiunta all’elenco dei prodotti tipici sardi rappresenterebbe una nuova leva per la promozione del territorio, con ricadute positive per turismo, ristorazione e piccole imprese.

Leggi l’articolo anche su FoodyBev.com

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