
BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL – Da Leeds a Bologna, passando per un wormhole di sapori, narrazione e visione. Si chiama Miley Kendrick, ha 24 anni, è bartender al Call Lane Social e ha appena vinto la Vero Bartender Global 2025, la cocktail competition internazionale organizzata da Amaro Montenegro. La sua creazione? Un drink dal nome emblematico: Through the Wormhole. Un’ode liquida al futuro sostenibile, che guarda al 2165 con concretezza e creatività.
Il tema della settima edizione — “2165. Shaping the Future” — celebrava infatti i 140 anni del brand chiedendo ai bartender di immaginare come sarà il mondo (e la miscelazione) nel 2165. La finalissima, ospitata al DumBO di Bologna, ha visto sfidarsi i migliori bartender da nove Paesi. Sul palco, insieme all’Italia rappresentata da Alice Musso, anche Australia, Canada, Cina, Emirati Arabi, Messico, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito. A giudicarli, una super giuria con Rudi Carraro (Global Brand Ambassador Montenegro), Luca Bruni (Depero Club), Marc Alvarez (Sips & Esencia, Barcellona) e Julie Reiner, tra le voci più autorevoli della mixology internazionale, fondatrice tra le altre cose del Clover Club di New York.
Nel bicchiere di Miley, Amaro Montenegro, dry sherry infuso con insetti commestibili (grilli, cavallette, larve della farina), gin over-proof, walnut bitters e worm salt saline. Un gesto audace, ma perfettamente coerente con i trend globali: sostenibilità, nuove fonti proteiche, low impact, storytelling, provocazione sensoriale. “Ho preso il futuro alla lettera” – ha detto lei – “e l’ho versato in un tumbler”.
Il premio? Un’esperienza immersiva a Barcellona, con tre giorni al fianco di Marc Alvarez al Sips & Esencia: masterclass, backstage, tour gastronomici e full immersion nella filosofia del bar numero 3 al mondo (50 Best Bars 2023).
INTERVISTA A MILEY KENDRICK – VERO BARTENDER GLOBAL 2025
Miley, chi sei?
Una bartender del Call Lane Social di Leeds, appassionata, curiosa. Da bambina volevo diventare una rockstar. Crescendo ho capito che quello che amavo non era solo la musica, ma l’interazione con il pubblico. Così mi sono appassionata a questo lavoro. Il bancone è il mio palco: ogni sera ho davanti a me una folla diversa. E ogni drink è come una canzone.
Quando hai iniziato?
Ho iniziato otto anni fa, come barback. Due anni a lavare bicchieri, a osservare, ad assorbire. Poi ho preso in mano lo shaker, e non l’ho più lasciato. È stato amore a prima vista. Anzi, al primo servizio.
Parliamo del tuo cocktail: Through the Wormhole.
È un viaggio. Sono partita dal chiedermi come sarà il cibo nel 2165 e mi sono risposta: sicuramente sostenibile. Più nello specifico, ho pensato agli insetti. Lo dicono tutti: saranno il nostro futuro, proteici, ecologici, riproducibili senza impatto. In Messico ho provato piatti incredibili a base di insetti. Così ho deciso di usarli in miscelazione.
Il drink è a base di…?
Ho infuso un dry sherry con grilli, cavallette e larve della farina. Aggiunto Amaro Montenegro, un gin over-proof per il fuoco, walnut bitters per l’amaro e worm salt saline per dare salinità. Ne è uscito un drink tostato, profondo, quasi animale. Ma equilibrato. Vero.
Il bar dove lavori com’è?
Il Call Lane Social si sviluppa su due livelli e ha due anime. Giù è caos, musica alta, energia. Cocktail semplici ma buoni, grandi volumi. Su, invece, abbiamo una Tiki Room classica, niente pre-batch, solo tecnica e passione.
Qual è il tuo drink preferito?
Il Mezcal Margarita. Essenziale, affumicato, diretto.
E quello che proprio non riesci a bere?
Il Woo Woo: vodka, peach schnapps e cranberry. No, grazie.
I classici per te sono …?
Sono la base, li ritengo fondamentali. A casa mi piace bere drink come Negroni o Daiquiri. Anche “Through the Wormhole” ha una struttura classica. Senza conoscenza del passato non c’è una vera evoluzione.
Cosa pensi della lista dei 50 Best Bars?
Un bellissimo strumento per dare visibilità al nostro mondo. Ma vorrei che fosse anche un modo per raccontare che questo è un lavoro vero. Non solo party. Il nostro mestiere è fatto di studio, fatica, arte liquida. Voglio che i bartender si sentano visti. E valorizzati.
E nel futuro? Cosa sogni?
Io e mio marito stiamo risparmiando per comprare una barca. L’idea è creare un cocktail club itinerante: pochi posti, ingresso su invito o prenotazione, un bar galleggiante che porta esperienze in giro per l’Europa. Bere e viaggiare. Un sogno liquido.
Tre bar dove bere bene a Leeds?
Black Rock. Whisky bar perfetto, ritualità pura. Satan’s Whiskers: ogni giorno un menù diverso, ogni sera una nuova scoperta. E poi il Below Stairs, forse il miglior bar del Regno Unito. Davvero.
Hai già vinto altre competizioni?
Sì, la Nikka Whisky Perfect Serve e la El Recuerdo Mezcal UK
Dopo questa terza vittoria continuerai a gareggiare?
Certo. Il mio scopo non è vincere. Gareggio per conoscere. Per assaggiare. Per scambiare idee. Perché dietro ogni bancone c’è una storia. E io voglio ascoltarle tutte.
Il cocktail più venduto nel tuo bar?
Lo Zombie. Classico, 12 ingredienti, un delirio tropicale. È il nostro anthem del sabato sera. Tra i twist on classic, invece, va forte il Tokyo Narita: vodka al sakura, violetta, un drink ispirato all’Aviation. Un sorso di Giappone con accento inglese.
Considerazioni finali
Tra i nove finalisti di questa settima edizione, nessuno ha pensato di ispirarsi a una saga epica come Guerre Stellari, e nessuno ha sfruttato tecniche come la polvere liofilizzata — due spunti suggestivi che mi ha suggerito ieri a sera a cena il maestro Fabio Bacchi. Non ho avuto modo di assaggiare tutti e 9 i cocktail in gara, e quindi il mio giudizio non può che basarsi sull’esibizione, sulla presenza scenica, sul modo in cui ogni concorrente ha saputo raccontare il proprio futuro nel bicchiere. E da questo punto di vista, Miley Kendrick ha vinto con pieno merito, complice anche il suo speach sul prodotto sponsor che, più che una descrizione tecnica, suonava come uno spot ben calibrato per Amaro Montenegro. E in fondo, anche questo è parte del gioco.
Gallery: Foto di Nicole Cavazzuti
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