

ATTREZZATURE E ARREDI HORECA – Raccontare l’Italia del vino non è mai stato un esercizio lineare, è un territorio che vive sospeso tra memoria e innovazione, tra la solidità dei disciplinari e l’irrequietezza dei nuovi consumi, tra il mito della tradizione e l’urgenza di essere compreso. L’impressione, oggi più che mai, è che la distanza tra il patrimonio enologico italiano e chi provi ad avvicinarlo si stia allargando.
E non è un paradosso se, vivendo nel Paese con la biodiversità viticola più ampia al mondo, il consumatore si senta sempre più spesso smarrito. Orientarsi nel vino italiano significa attraversare un territorio dove le cifre non sono semplici dati, ma strati di identità che si moltiplicano. Ottanta Docg che diventano 629 tipologie, 343 Doc che superano le 12.000 varianti, e poi 124 Indicazioni Geografiche capaci da sole di produrre oltre 40.000 possibilità diverse.
A ciò si aggiunge che il consumatore sta cambiando, beve meno ma vuole sapere di più. Non si accontenta più del “mi piace” o del “me l’hanno consigliato”. Chiede contesto, trasparenza, coerenza, e lo fa con un’aspettativa informativa che ormai è paragonabile a quella che riserva a ogni altro settore della sua vita digitale. Lo confermano gli studi internazionali, le analisi sui comportamenti di acquisto, si prova a scegliere meglio e con cognizione.
E qui emerge una seconda frattura, solo lo 0,5% della popolazione italiana ha una formazione specifica sul vino e anche quando questa formazione c’è, non è sufficiente a gestire l’intero panorama delle denominazioni, delle varianti e dei disciplinari. È impossibile, per chiunque, ricordare tutto.
La scelta di una bottiglia, un gesto apparentemente semplice, diventa spesso un esercizio di orientamento in un ecosistema iper-frammentato, al ristorante, dove non sempre c’è un sommelier, in enoteca, dove il tempo è poco, nei supermercati, dove la complessità aumenta, online, dove l’offerta si moltiplica e le informazioni non sempre sono chiare. E in mezzo a tutto questo, il rischio più grande: rinunciare, o scegliere senza consapevolezza.
È in questa crepa, tra ricchezza e incomprensione, tra identità e accessibilità, che nasce l’idea di TellyWine®, non una risposta definitiva o una scorciatoia ma un tentativo, quello di utilizzare l’AI per ordinare la complessità senza sostituire le competenze umane, restituendo al consumatore ciò che manca da anni: la chiarezza.
L’intuizione di Ivano Valmori e la visione culturale del progetto
L’idea è di Ivano Valmori, fondatore della start-up TellyWine®, che dal 2018 lavora con un team multidisciplinare composto da professionisti del vino, manager, sviluppatori, analisti dati e specialisti di AI e OCR. «Il nostro obiettivo – racconta – è dare al consumatore ciò che oggi manca, consapevolezza. Non vogliamo sostituire il sommelier, vogliamo semplicemente fornire informazioni vere, certificate, basate sulla normativa, per permettere a chiunque di capire cosa ha nel bicchiere».
TellyWine® si propone quindi come progetto culturale prima ancora che tecnologico, un ponte tra ciò che il vino è e ciò che il consumatore riesce effettivamente a leggere.

AI, OCR e disciplinari: l’infrastruttura tecnologica
Il cuore dell’app è una combinazione di intelligenza artificiale, riconoscimento e interpretazione automatica dei testi, e una banca dati basata su leggi nazionali e disciplinari di produzione. Una infrastruttura che permette di individuare oltre 420.000 etichette presenti sul mercato italiano, indipendentemente dall’adesione delle cantine.
L’app legge fronte e retro della bottiglia, interpreta i dati obbligatori di legge e li collega alla normativa specifica del vino, generando una scheda completa che comprende denominazione di riferimento, annata e anni di commercializzazione, posizione nella piramide dell’identità, livello zuccherino e stile, menzioni e loro significato, affinamento previsto da disciplinare, vitigni ammessi, zona di produzione e luogo di imbottigliamento, spiegazione dei simboli, calcolo calorico e alcolemico, numero di calici ottenibili e informazioni sugli allergeni. Un perimetro informativo che nessuna etichetta, per legge, può contenere.
Una memoria personale delle degustazioni
TellyWine® permette anche all’utente di costruire un archivio privato delle proprie degustazioni, assegnando punteggi, annotando note personali e conservando la storia del vino.
Nessuna informazione è condivisa singolarmente, i dati vengono utilizzati solo in forma aggregata e anonima, come previsto dalla licenza d’uso.
Il valore per le cantine: narrazione, dati e relazione
Per i produttori, TellyWine® rappresenta uno strumento complementare di comunicazione. Le aziende possono aggiungere informazioni ulteriori rispetto ai disciplinari, collegare l’etichetta a sito, social, e-commerce e offerte enoturistiche, rendere la bottiglia un touchpoint narrativo e informativo.
È in sviluppo un cruscotto dedicato che consentirà alle cantine di accedere a dati aggregati, sempre anonimi, su preferenze degli utenti, punteggi medi assegnati ai vini e itinerari commerciali delle bottiglie dopo l’uscita dalla cantina.
Come osserva Massimo Trapani, direttore commerciale: «Il produttore perde il contatto con il proprio vino nel momento in cui passa al distributore. Con TellyWine® può sapere, in forma aggregata, dove e quando il vino viene scansionato. È un’informazione preziosa per comprendere gli spostamenti reali del prodotto, il suo consumo e la sua percezione».
Un progetto in evoluzione
TellyWine® è gratuita per il consumatore e richiede un costo solo alle cantine che intendono sfruttarne le funzionalità avanzate. Il progetto è in fase di ampliamento, nuove partnership con consorzi, associazioni di categoria, enti formativi, ulteriori sviluppi sull’AI, potenziali espansioni internazionali basate sullo stesso modello. Valmori lo riassume così: «Prima dobbiamo validare la bontà del progetto. Ma la traiettoria è chiara: un sistema che fa cultura, dà valore ai produttori e aiuta il consumatore a non avere più paura del vino».
Tra criticità e prospettive
TellyWine® arriva in un momento in cui il vino italiano non può più permettersi la sua stessa opacità. Il suo apporto più significativo non risiede solo nell’AI, ma nella capacità di mettere in evidenza un tema che il settore tende a eludere: la complessità non è più un valore se impedisce la comprensione e una parte rilevante del pubblico oggi resta fuori non per disinteresse, ma per mancanza di strumenti adeguati.
Per il consumatore, l’app offre una bussola in un panorama che cresce più rapidamente della capacità collettiva di interpretarlo. Per le cantine, soprattutto quelle meno armate sul piano della comunicazione, rappresenta una possibilità concreta di emergere in un mercato che, senza visibilità, rischia di appiattire tutto in pochi brand dominanti.
Ma proprio qui si aprono i limiti attuali del progetto. Una piattaforma che interpreta disciplinari, menzioni e territori funziona solo se il flusso dei dati è costante, affidabile, alimentato da una rete che ancora non esiste nella sua piena maturità. Il vino italiano è un ecosistema che muta di continuo, regole che cambiano, zone che si ridefiniscono, menzioni che si aggiornano. Tenere il passo con questo movimento richiede una struttura di aggiornamento che è tanto ambiziosa quanto fragile, perché dipende dalla collaborazione attiva di cantine, consorzi, associazioni, istituzioni.
Senza questa rete, nessuna tecnologia può dirsi completa, può leggere, ma non sempre può sapere; può interpretare, ma non necessariamente colmare le lacune informative che nascono dove il settore non dialoga.
TellyWine® non sfugge a questa condizione. Non è onnisciente, non è esaustiva, non è e non può essere un sostituto delle competenze umane. È un progetto giovane, che per sua natura porta con sé margini di imprecisione, aree ancora in costruzione, potenzialità che si realizzeranno solo se il settore deciderà di investire in una cultura della trasparenza che, ad oggi, non è uniforme né garantita. Ed è proprio in questo che l’app diventa interessante, non perché promette di risolvere la complessità, ma perché costringe il sistema a riconoscerla, non perché semplifica il vino, ma perché mostra quanto sia difficile farlo, non perché sostituisce il sapere, ma perché ne rivela i punti ciechi.
Forse il contributo più importante di TellyWine® sta qui, nell’obbligare a vedere quanto lavoro resta da fare affinché il vino italiano diventi davvero accessibile. Il che, in definitiva, è una responsabilità che nessuna app può assumersi da sola, è un compito che appartiene al settore nel suo insieme, e che solo il settore può scegliere finalmente di assumere.

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