“Il n’y a qu’un problème philosophique vraiment sérieux : c’est le suicide,” scriveva Camus.
E per me, che mezzo filosofo sono (l’altro mezzo è “tecno”), questo problema non è mai stato teorico. Mi cammina accanto da sempre. L’ho visto negli amici, nei colleghi, in mia mamma. E più volte l’ho visto (e continuo a vederlo) anche in me stesso.
Chi mi conosce la sa a memoria, questa storia: un paio d’anni fa ho co-sponsorizzato, tramite il mio studio, l’Headstock Mental Health Fundraiser allo Star & Garter di Manchester, insieme a Peter Hook e ai suoi The Light. L’evento sosteneva Shout UK, la hotline nazionale per la salute mentale e si è tenuto sotto il murale di Ian Curtis, frontman dei Joy Division, morto suicida a ventitré anni (lo stesso murale che Amazon aveva coperto con un’inserzione pubblicitaria… Quel gesto mi aveva colpito profondamente, e ne ho parlato a lungo in un podcast intitolato “Photographs & Memories”). Di quello che è accaduto quella notte ne ho parlato fino allo sfinimento, ma sono contento di raccontarlo di nuovo, magari davanti a una pinta di Guinness…
E poi c’è ChatGPT, che ha recentemente rivelato che oltre un milione di persone ogni settimana parla di suicidio o autolesionismo con l’AI. Ma l’intelligenza artificiale è uno specchio: se le dai ansia, ti restituisce ansia, in formato Markdown, ma comunque ansia.
E per quanto io resti un tecnoentusiasta incallito, so che un LLM può aprirti una porta.
Ma la stanza la scaldi solo tu.
Con altri umani.
Alla prossima settimana, un saluto da Simone.
Simone Puorto