Pronto per un momento di gioia? Atterri dopo un volo intercontinentale, con i muscoli indolenziti, la mente annebbiata… e tutto ciò che vuoi è metterti al volante della tua auto a noleggio, già prenotata e con il check-in effettuato in anticipo. Ti immagini, chiavi in mano, pronto a partire. Invece, ti ritrovi nell’equivalente digitale di un incubo kafkiano. E francamente, non è più divertente.
Parlo dell’esperienza di check-in con le compagnie di autonoleggio. Perché, in questa epoca di gratificazione istantanea, di tutto mobile e della presunta ricerca di un percorso cliente senza interruzioni, questo punto di contatto è ancora così ostinatamente, costantemente e disperatamente inefficiente? Ti avvicini al banco – spesso un purgatorio illuminato al neon – e lì c’è… la fila. Un collo di bottiglia umano che sembra esistere solo per mettere alla prova la tua pazienza post-volo.
Hai la tua prenotazione, il tuo numero di conferma, magari anche lo status fedeltà. Ma non importa. È sempre un nuovo interrogatorio. Il sorriso forzato dell’impiegato stanco, che, poveretto, è logorato dal sistema tanto quanto te. Poi l’inevitabile: «Non abbiamo quel modello, ma possiamo offrirti questa versione più grande… e naturalmente molto più costosa». È il rituale del bait-and-switch, antico quanto il mondo, mascherato da “servizio clienti”.
Nel settore alberghiero parliamo di meraviglie tecnologiche – check-in via mobile, chiavi digitali, accesso diretto alla camera. Allora perché le società di autonoleggio restano aggrappate a processi che sembrano appartenere al secolo scorso? Introducono chioschi automatici che promettono rapidità, ma che spesso finiscono per rimandarti… alla stessa fila, affinché un essere umano confermi ciò che la macchina sa già. È il modello «Fai da te!», ma progettato per fallire, riportandoti forzatamente a un’interazione umana frustrante.
E la vera ospitalità? Quella che riconosce la tua stanchezza? Assente. Al suo posto, un bombardamento di vendite aggiuntive: il pieno di benzina al triplo del prezzo, l’assicurazione “indispensabile” (strizzatina d’occhio), il telepass più caro che comprarsene uno proprio. Non si tratta di servire il cliente, ma di spremere fino all’ultimo centesimo da un pubblico stanco e senza alternative.
Non è solo inefficienza; è una fondamentale incomprensione del percorso cliente, un palese disprezzo per la comodità che dovrebbero garantire. Hanno un prodotto di cui le persone hanno urgente bisogno, spesso in un momento di grande vulnerabilità, e riescono costantemente a trasformarlo in una fonte di attrito e frustrazione. Perché lo accettiamo? Perché siamo semplicemente bloccati – in tutti i sensi.
La vita è così tech. Ma a volte, i principi più basilari del design centrato sull’uomo sembrano rimanere dimenticati… nel parcheggio del noleggio auto.
Mark Fancourt