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UIV propone la revisione del Testo Unico del vino: necessario ridurre la produzione per sostenere il settore

  • Redazione
  • 4 Luglio 2025
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Questo articolo è stato scritto da Horeca News Italia. Clicca qui per leggere l'articolo originale

MERCATO – Il settore vinicolo italiano si trova di fronte a una fase critica che richiede interventi strutturali urgenti. Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione Italiana Vini, ha lanciato durante l’assemblea nazionale dell’associazione una proposta di revisione del Testo Unico del vino, con l’obiettivo di attualizzare la normativa e i suoi decreti attuativi entro il 2026, a dieci anni dalla sua entrata in vigore.

L’associazione, che rappresenta oltre 800 soci e l’85% dell’export italiano, si fa portavoce di un settore chiamato a una profonda presa di coscienza. La proposta di Frescobaldi mira a fare sintesi delle istanze del comparto per “stringere la cinghia produttiva” e garantire la sostenibilità dell’intera filiera.

Il problema della sovrapproduzione

“Visto il calo dei consumi a livello globale, non possiamo più permetterci di inondare la Cantina Italia con vendemmie da 50 milioni di ettolitri, che rappresentano la media produttiva degli ultimi 25 anni”, ha dichiarato Frescobaldi, evidenziando come il mercato non sia più in grado di assorbire tali volumi.

Mercato in contrazione: i dati dell’Osservatorio UIV

L’analisi presentata da Carlo Flamini per l’Osservatorio UIV rivela un quadro preoccupante per i primi cinque mesi del 2025. I quattro principali mercati di sbocco hanno registrato cali significativi dei volumi consumati: Italia -1,8%, Stati Uniti -4,7%, Regno Unito -3% e Germania -9,6%. Questi mercati rappresentano insieme il 73% del fatturato italiano per le aziende vinicole nazionali.

Il saldo delle vendite nel retail segna una contrazione del 3,4%, che sale a -5,3% per i vini fermi e frizzanti (con un +4,9% per gli spumanti). In questo scenario globale che coinvolge tutti i Paesi produttori, l’Italia risulta però l’unica realtà a vedere aumentare il proprio vigneto e, di conseguenza, il proprio potenziale produttivo.

Secondo le stime dell’Osservatorio, una vendemmia da 50 milioni di ettolitri in carenza di domanda porterebbe a circa 90 milioni di ettolitri in cantina entro ottobre, l’equivalente di quasi due raccolti. Questa situazione insostenibile determinerebbe una decurtazione dei valori del potenziale stimata attorno al 5,3%, ovvero oltre mezzo miliardo di euro di saldo negativo tra 2025 e 2024.

La ricetta di Frescobaldi

“I problemi c’erano anche prima, ma siamo stati ‘salvati’ da due vendemmie eccezionalmente contenute rispetto alle medie; ora serve un bagno di umiltà, produrre 7-8 milioni di ettolitri in meno per mantenere il timone di uno degli asset italiani più remunerativi della nostra bilancia commerciale”, ha aggiunto il presidente UIV.

Il report Mediobanca: settore virtuoso ma sotto pressione

Il Report 2025 sul Settore vinicolo pubblicato dall’Area Studi Mediobanca conferma la natura virtuosa del comparto, caratterizzato da una forte dimensione familiare con il 65% del patrimonio netto detenuto da famiglie. Tuttavia, emerge una diminuzione dell’Ebit margin al 6,2% nel 2023.

Attraverso interviste a un panel di imprese che rappresenta il 94,9% del fatturato settoriale, sono state individuate le principali sfide: la riduzione dei consumi (72%) precede di poco l’incognita dei dazi (66%). La risposta principale identificata dalle aziende è l’apertura a nuovi mercati (77%), seguita da investimenti sul capitale umano (56%) e sviluppo del segmento no-low alcohol (50%).

Il comparto presenta una redditività inferiore rispetto ai settori limitrofi, con un rendimento del capitale (ROI) al 5,4% contro l’8% del settore alimentare e il 9,9% delle bevande. A livello territoriale, le imprese toscane registrano il più alto Ebit margin (16,4%), mentre il miglior ROI spetta alle abruzzesi (7%), con il Piemonte in seconda posizione (6,4%). Grandi esportatori i produttori piemontesi (63% del fatturato), toscani (59,5%) e abruzzesi (58,7%).

La sfida dei dazi e degli accordi commerciali

Paolo Castelletti, segretario generale UIV, ha sottolineato l’impatto dei dazi: “Anche con tariffe al 10%, per il settore sarà un problema. Lo abbiamo riscontrato in un sondaggio rivolto alle imprese, che stimano un danno sul fatturato oltreoceano del 10-12%. Serve un’Europa più unita per essere forti e accelerare con le firme degli accordi di libero scambio”.

Castelletti ha evidenziato il paradosso della diversificazione: “Non si può parlare di ‘diversificazione degli sbocchi’ e poi tentennare su scelte importanti come il Mercosur. Se oggi è complesso accedere a un mercato molto recettivo come quello americano con un dazio al 10%, come possiamo esportare in mercati complessi come Brasile o India, che registrano dazi rispettivamente al 27% e 150%?”.

Sul fronte della promozione, le imprese chiedono un allineamento delle modalità di attuazione della misura anche alla luce delle trasformazioni sociali. Da questo punto di vista, i fondamentali aiuti alla promozione sui mercati dei Paesi terzi dovrebbero maggiormente essere orientati verso progetti più strutturati e d’impatto. Una revisione del decreto OCM promozione dovrebbe ulteriormente semplificare le regole di accesso e finanziamento.

Le proposte operative di UIV

Unione Italiana Vini ha delineato una serie di interventi urgenti per la gestione del rapporto domanda-offerta: abbassamento delle rese delle uve per ettaro anche con la fine delle deroghe per i vini generici, allineamento delle rese dei disciplinari con quelle reali sulla media degli ultimi cinque anni, revisione del meccanismo degli esuberi per le DOP e stop alle nuove autorizzazioni all’impianto per un anno.

Particolare attenzione è rivolta alla riorganizzazione del sistema delle denominazioni: le prime 20 denominazioni rappresentano l’80% del volume del vino italiano, mentre un numero sproporzionato di vini DOC/IGT (529 quelle riconosciute) esiste solo sulla carta. “Occorre risolvere l’anomalia mediante un sistema di accorpamento e riorganizzazione territoriale per singola regione. È un processo che dovrebbe certamente essere sviluppato dai singoli territori, ma che a nostro avviso potrebbe essere incoraggiato e coordinato a livello nazionale dal Comitato nazionale vini le cui competenze, fissate per legge, andrebbero attualizzate nel Testo Unico”, ha concluso Castelletti.

Leggi l’articolo anche su CanaleVino.it

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