

RISTORAZIONE – Lo chef Marco Ambrosino di Sustànza, ristorante al piano superiore della Galleria Principe di Napoli, presenta la nuova selezione di piatti realizzati per accogliere la primavera. Si tratta di un menu focalizzato sulla ricerca dell’aromaticità, senza abbandonare le note acide che contraddistinguono la cucina dello chef campano. Riconfermati alcuni dei piatti portafortuna – come definisce lo chef Ambrosino le portate che hanno segnato la sua evoluzione in cucina – tra i quali La “Chiajozza” e Spaghettini, acqua di pasta fermentata, miso di legumi. Leitmotiv della selezione gastronomica, i principi della cucina circolare, come nel rinnovato Fish offal feast, dedicato alla valorizzazione del quinto quarto ittico nella sua interezza.
“La primavera è un periodo di rapida evoluzione in termini di stagionalità degli ingredienti e la considero una stagione intermedia, un traghetto verso i prodotti estivi. Per questo motivo il nuovo menu si basa sulla materia prima invernale appositamente conservata per poterla utilizzare ora, e su quella stagionale che si alterna durante questi mesi” spiega lo chef Marco Ambrosino. “Al centro della selezione gastronomica il protagonista è sempre il Mediterraneo, ricco di storia, tradizioni e culture”.
“Ogni cambio menù è un capitolo nuovo da leggere tutto d’un fiato. Una narrazione alla quale lo chef ci ha abituati dal giorno 0, dal suo primo servizio. Piatti che al secondo assaggio dicono altro come certi personaggi ben fatti nei capolavori della nostra letteratura” le parole di Luca Iannuzzi, anima dell’insegna gastronomica napoletana.
IL MENU
La formula primaverile di Sustànza conferma i tre menu degustazione: Piccolo cabotaggio da 5 portate a 100 €; Medio raggio da 8 portate a 130 €; Lungo corso da 10 portate a 160 €; oltra a la Piccola carta e i relativi abbinamenti vino, da 5 calici a 60 €, da 8 a 90 € e da 10 a 100 €.
Tra gli antipasti, Molluschi, salmoriglio, agrumi, olio di argan, lavanda, un piatto che invita a riflettere sul sapore del mare e lo fa attraverso gli ingredienti marini, ma anche tramite tutto ciò che lo richiama alla mente, come gli agrumi e l’aglio. In questo piatto lo chef Ambrosino si focalizza sui molluschi accompagnati da una crema di salmoriglio e una granita di ostrica.
Non solo mare, ma anche richiami alle zone interne con l’utilizzo della lavanda, del dragoncello e delle erbe di Provenza, così come rimandi alla cucina occitana, considerata mediterranea perché nata dallo scambio fra la costa e l’entroterra.
Degna di menzione la nuova versione di Fish offal feast, che celebra il valore e i molteplici utilizzi del quinto quarto ittico. Si tratta di una portata suddivisa in quattro atti, cominciando da Coda di stoccafisso, brodo di mais e prosciutto, olio mediterraneo, ceci alla brace, in cui viene data una seconda vita a una carne tenace e cartilaginea, accompagnata da un brodo contraddistinto dalle note rancide del salume. Poi Toast di testa di alletterato marinato e affumicato, condito con shio kojy, gel di carpione, in cui le teste di pesce sono affumicate a caldo, condite con una pasta di orzo fermentata e accompagnante da un gel di carpione. In questo piatto sono protagonisti il fumo – affumicatura – e l’acido – carpione -, due elementi chiave per la conservazione del cibo. La terza componente di Fish offal feast è Pance e trippe di baccalà speziate cotte alla brace, concentrato di pomodoro al curry mediterraneo, semi di finocchio, crema di fegati. Le interiora rimandano concettualmente al soffritto napoletano – interiora suine, pasta di peperone rosso, peperoncino e aceto -, ma in questo caso sono frattaglie di pesce alla brace condite con pomodoro concentrato al curry mediterraneo. Il quarto e ultimo elemento del piatto è Sorbetto di gazpacho verde al finocchio di mare, salume di ritagli di pesce, misticanza, lentisco, salsa di sambuco e rabarbaro. Lo chef Ambrosino qui racconta altri due metodi di conservazione: la pratica dell’insacco dei salumi, in questo di caso di ritagli ittici delle altre preparazioni, e le erbe balsamiche, l’antesignano dei conservanti con le loro proprietà naturali. Lumachine, salsa di mandorle, erbe alla brace e dragoncello, limone salato, olio di olive alla brace, kishk è un piatto che richiama le sensazioni primaverili facendo riaffiorare il ricordo dei pranzi all’aperto e l’odore delle prime braci. I molluschi sono serviti con salsa di mandorle, fumetto di pesce e limone salato, e sono adagiati su di un nido di erbe alla brace e olio al dragoncello. L’olio alle olive alla brace si ispira a una preparazione tradizionale palestinese in cui i frutti troppo maturi venivano bruciati con le fascine. Il procedimento viene attualizzato e non si fa uso del calore. Le olive infatti vengono poste in infusione in olio extravergine insieme a foglie e rami di ulivo cotte alla brace. Termina il piatto una grattugiata di kishk, un bulgur fermentato con latte, compattato e essiccato, un prodotto caseario fermentato, considerato l’antenato del formaggio.
Da menzionare, Pesce bianco, limone pane, peschiole, salsa alle erbe e aglio ursino; Succo di piante di scogliera, levistico, pul biber. È un piatto servito tiepido, in cui il pesce viene marinato in un rub di limone pane alla griglia e poi scaldato a 48°C per permettere al collagene di sciogliersi e ridistribuirsi tra le carni creando una nuova texture. Prima del servizio, viene affumicato sulla griglia senza una vera e propria cottura. È servito con un battuto di peschiole, salsa alle erbe aromatiche, una crema di arachidi, e olio all’aglio orsino.
Accompagna il piatto principale, un brodo tiepido, da sorseggiare, realizzato con un estratto di erbe di scogliera, succo di limone, peperoncino pul biber e levistico.
Con la primavera si rinnova anche Transumanza, piatto in cui viene declinata la pecora: Stracotto di pecora, more, polenta affumicata, agresto, limone nero, mirto, salsa all’harroje al profumo di rosa è la portata principale in cui le carni sono abbinate a un fondo di cottura concentrato e denso, e alla salsa all’harroje, preparazione tradizionale calabrese, aromatizzata alle rose. Il secondo elemento è Dobladillo di spinaci, composta di pomodoro alla brace, una ricetta ispirata al piatto tipico di Gibilterra, area di confine fra terra e mare, ma anche fra popoli. Si tratta di due cialde fragranti all’interno delle quali è posto un flan di erbe e spinaci, e, al di sopra, una composta speziata di pomodoro alla brace. Si continua con un pane marocchino, Batbout al grasso di pecora, patè di interiora, foglia di vite, marsala. Viene cotto al vapore, poi fritto, prima di essere condito con il grasso di perora. Conclude Transumanza, Spiedo di radicchio all’angostura e salsiccia sucuk di pecora, piatto con spiccate note aromatiche e amare. I ritagli e la parte grassa della pecora sono utilizzati per realizzare un insaccato compatto e speziato, e sono accompagnati da un radicchio tardivo in conserva all’angostura e ginepro.
Tra i dessert realizzati dal pastry chef Federico Andreini c’è Menzognere, pane con penicillum, nespola fresca e fermentata, harissa al limone macerato e sorbetto al lentisco. Il piatto è accompagnato da un incensiere colmo di erbe miste e ghiaccio secco, all’interno del quale viene versata dell’acqua di limone macerato. Il pane, protagonista di ritualità sia pagane che cristiane, è l’elemento che meglio rappresenta la ciclicità del tempo e il lavoro della terra, mentre la nespola è il “frutto del tempo” che viene lasciato maturare dopo la raccolta per sviluppare le sue migliori proprietà organolettiche. Questo processo richiama le antiche pratiche di conservazione e l’importanza di preservare il cibo per i momenti di scarsità, un tema centrale nei periodi che precedono la primavera e filo conduttore del menu di Sustànza.
Iftar è invece un dessert composto da tre piatti: Muhallabiya alle rose, dattero ossidato, ficoboshi, tapioca in brodo di fiori e cera d’api; Ricotta di mandorle, sommacco, limone salato, cenere di agrumi; Injera al farro monococco e ghiande. La muhallabiya, dolce a base di latte e amido, è un pilastro della cucina mediorientale, ma le sue origini sono più profonde e si intrecciano con influenze persiane e bizantine. L’injera è invece un tradizionale pane fermentato tipico dell’Etiopia e dell’Eritrea. È considerato un simbolo di comunità, spiritualità e resilienza culturale.
Zulema è un dessert vegano che non contiene né lattosio, né glutine. Si tratta di un sorbetto al curry mediterraneo, pera alla brace, nocciole, lievito, velo di vino rosso, olio al dragoncello. Il dessert è un intreccio simbolico di tradizioni mediterranee, in cui ogni elemento racconta un frammento di storia condivisa.
La cucina dello chef Marco Ambrosino e i dessert del pastry Federico Andreini approfondiscono ulteriormente il forte legame fra le tradizioni dei popoli che si affacciano sul mar Mediterraneo. Un menu non solo gastronomico, ma un viaggio nella profondità delle relazioni e connessioni umane.
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