
BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL – Il termine “umami” è stato coniato nel 1908 dal chimico giapponese Kikunae Ikeda, che identificò il glutammato monosodico (MSG) come la fonte di questo sapore che si differenzia dai tradizionali dolce, acido, amaro e salato, offrendo una profondità e una complessità che arricchiscono l’esperienza culinaria. australianbartender.com.au
L’umami come ingrediente nei cocktail
Non è da molto che i bartender stanno esplorando ingredienti ricchi di umami per creare drink con profili gustativi più complessi: dalla salsa di soia ai funghi fino ai pomodori arrostiti. Ad esempio, una leggera aggiunta di salsa di soia può esaltare le note saporite in un Bloody Mary, mentre l’infusione di funghi in distillati come il gin o la vodka introduce sfumature terrose e complesse.
L’umami nei prodotti
Bar40 Umami Bitters sono stati sviluppati per fornire un equilibrio tra sapori amari e umami, offrendo ai mixologist strumenti per innovare nelle loro creazioni e aggiungere carattere senza sovrastare gli altri componenti. abarabove.com
La cucina liquida
Alcuni bartender traggono ispirazione da zuppe e piatti tradizionali per creare cocktail unici. Pioniere, in Italia, è stato Filippo Sisti che ha sviluppato drink che richiamano sapori di zuppe e secondi con elementi umami per arricchire il profilo gustativo.
Da sapere
L’incorporazione dell’umami nei cocktail richiede equilibrio e precisione. È fondamentale dosare attentamente gli ingredienti per evitare che le note saporite sovrastino gli altri sapori del drink. Ad esempio, l’aggiunta di una soluzione salina in un Espresso Martini può esaltare le note di caffè, ma un eccesso può rendere il cocktail sgradevole. ginfoundry.com
Le tecniche per esaltare l’umami nei cocktail
Sempre più comune è la tecnica del fat-washing, che permette di infondere alcolici con grassi come burro, pancetta o oli aromatizzati, donando una texture vellutata e note umami più persistenti. Ad esempio, il bar Dada di Milano ha presentato pochi mesi fa il Trip Trap, cocktail a base di Barcelò organic Ron, cordiale ai funghi shitake, vermouth rosso umami Garbata e Lemongrass Bitter.
Un’altra tecnica è la fermentazione, utilizzata per creare sciroppi e infusioni con ingredienti come miso, kombucha o dashi. Al bar Lyaness di Londra Lyaness Bar | World’s Best Cocktail Bar in London, il bartender Ryan Chetiyawardana ha firmato cocktail in cui il miso viene mixato con ingredienti dolci e agrumati per un perfetto bilanciamento di sapori. Non è tutto: l’uso del kombu (alga giapponese) e dei funghi shiitake nelle infusioni è un altro trend in crescita, soprattutto nei bar asiatici d’avanguardia come il Native di Singapore, noto per la sua attenzione agli ingredienti locali e alle tecniche fermentative.
Lo scenario
Il boom dell’umami nei cocktail, trainato dalla moda per la tradizione culinaria giapponese, rappresenta una frontiera affascinante che permette di ampliare i confini dei sapori tradizionali.
E che facilmente piace agli italiani, sempre più Japan lovers. A suggerirlo sono i dati: negli ultimi 10 anni, il nostro Paese ha visto una tale crescita di ristoranti giapponesi che, stando ai dati del Ministero dell’Agricoltura, delle Foreste e della Pesca (MAFF), nel novembre 2023, era il secondo paese in Europa per numero di ristoranti jappo con ben 2.460 attività ristorative.
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