21 Gr di Turismo: Viaggiare

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🌞 La versione estiva

Ciao, sono Emilio De Risi e questa è 21 Grammi di Turismo.

Racconto il mondo del turismo tra economia, etica, società e innovazione.

🌞 Questa è la versione estiva di 21 Grammi di Turismo, e funziona così:

Un fatto interessante. Un racconto, una notizia o una riflessione (o un mix delle tre);
Un film e un libro. Un’ispirazione, anche indiretta, sul viaggio;
Una canzone. Che ho pensato giusta per il numero.

Siamo all’ultimo numero, ti saluto con il racconto di una mostra che ci ricorda cosa vuol dire viaggiare.

Un gruppo di ragazze all’ingresso del Mudec

TRAVELOGUE

In una domenica di luglio ho visitato al Mudec una mostra sul viaggio.

Un gruppo di ragazze è seduto all’ingresso, e lì sarà alla mia uscita: accogliere significa anche dare del tempo per riposare in un luogo fresco e bello.

Travelogue, questo è il titolo della mostra, racconta le tante facce del viaggio: migrazioni, diaspore, scambi culturali. Ognuna ha una storia e un senso, e messe insieme riguardano tutti gli esseri umani.

C’è il viaggio mitologico e la vita nomadica; la meditazione e la letteratura di viaggio. E per tutti questi temi sono esposti oggetti, testimonianze, appunti e disegni.

Qui mi concentrerò sul racconto del viaggio, che forse è la parte che più si ricongiunge al turismo.

Il viaggio come racconto

È la sezione della mostra più vicina all’idea di turismo moderno: il racconto che chi viaggia costruisce come auto-narrazione. Ci sono diari, album fotografici e schizzi, mappe e oggetti che ci trasmettono quale fosse la visione di alcuni viaggiatori moderni, tra la fine dell’Ottocento e il Novecento.

I primi resoconti di viaggio nascono da esigenze concrete, anche politiche, di raccontare il mondo scoperto a un pubblico più ampio, purtuttavia concedendosi dei fuori pista fantastici. Col tempo la parte descrittiva si è affermata sempre di più, il racconto inizia a cambiare e l’io narrante del viaggiatore a prendere peso.

Cosa vuol dire tenere un diario di viaggio?

Ci sono abilità che invidio in modo viscerale, una di queste è saper tenere un diario di viaggio. L’invidia diventa incontenibile quando vedo un quadernetto A6 dalla grafia netta e leggibile, magari con lo schizzo di un uccello che sembra uscito dalla National Gallery; poi le note a margine riportate dal basso verso l’alto, come un’elegante brossura che ricama la pagina.

Io, che se scrivo qualcosa in movimento ho la mano tremante e dopo non riesco a decifrare i miei appunti.

Penso che avrei invidiato fino all’autoconsunzione Giancarlo Iliprandi, che è stato un importante designer del ‘900, ma anche un grande viaggiatore, e i suoi carnet de voyage sono un trionfo di grafia ipnotica e acquerelli.

Al di là del talento da maestro di Iliprandi, vedere questi diari di viaggio mi ha fatto pensare a quanto la lettura di quello che ci circonda, oggi sia più annacquata. Oggi che abbiamo mille strumenti per raccontare, anche a supporto di chi non ha il suo talento artistico, e che la divulgazione in teoria è più democratica: trovare uno sguardo con una visione sulle cose è sempre difficile.

La mostra è al Mudec di Milano fino al 21 settembre, ingresso gratuito.

Mi piaceva l’idea di chiudere questo ciclo con un numero dedicato al viaggiare nella sua accezione più ampia, e anche gli ultimi due consigli seguono questo spirito: un viaggio che può avere motivazioni diverse dal puro svago.

📽️ UN FILM

Into the wild. Il film è tratto da un libro che racconta la storia vera di un ragazzo di famiglia benestante, che dopo la laurea abbandona tutto e inizia un viaggio attraverso gli Stati Uniti, fino all’Alaska. Un modo estremo per cercare la propria identità. Gran bel film, a rischio lacrimoni.

📘 UN LIBRO

Yoga (di Emmanuel Carrère). Uno dei maggiori scrittori contemporanei racconta un pezzo della sua vita, fatto anche di cose dure e brutte. Qui lo segnalo perché racconta motivazioni per viaggiare alternative allo svago, come seguire un seminario di meditazione dove non era consentito parlare, o soggiornare sull’isola di Leros insieme a dei ragazzi fuggiti dall’Afghanistan.