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Giuseppe De Martino, general manager St. Regis Roma. L’eleganza al potere

  • Gianluca Miserendino
  • 27 Marzo 2025
  • 7 minute read
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Questo articolo è stato scritto da Hoteldomani. Clicca qui per leggere l'articolo originale

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Forse sarebbe il caso di studiarlo, il caso Sorrento. Se Genova è universalmente la città dei cantautori, e Anagni quella dei Papi, è probabilmente giunta l’ora di proclamare questo angolo di Costiera come “capitale dell’ospitalità”, tale e tanta è la mole di professionisti dell’hôtellerie che qui sono nati e cresciuti. Questione di tradizione, va da sé. Ma anche di genetica, ci conferma Giuseppe De Martino, manager dell’anno secondo Ehma e gran timoniere del St. Regis Rome. Sorrentino per nascita e sorrentiniano per vocazione – nel richiamare per eleganza, attitudine ed eloquio certi personaggi del regista di Parthenope – De Martino è persona che della predisposizione a lavorare in team ha saputo fare ben più che l’ultima riga del curriculum, elevandola a regola di ogni giornata iniziata a correre a Villa Borghese e finita a conversare con ospiti di ogni dove. Scandendo il tempo e le parole, e dando così valore ad entrambi.

Da dove parte la sua avventura nell’ospitalità?
Sono di Sorrento, un luogo dove il senso dell’ospitalità è nel Dna di tutti, nel mondo degli alberghi e fuori: è parte integrante dello stile di vita, e non è un caso se tanti grandi professionisti dell’hôtellerie sono miei concittadini. Fin da ragazzo ho avuto tra i miei amici diversi proprietari di alberghi, e ho trascorso le mie estati nelle loro bellissime piscine affacciate sul Golfo di Napoli, incontrando ragazzi e ragazze provenienti da ogni parte del mondo. All’epoca, trent’anni fa, confrontarsi con culture e valori tanto diversi non era cosa che capitasse ogni giorno. E fu quell’arricchimento, insieme alla voglia di vedere il mondo e al mio animo sorrentino, a convincermi che quella degli hotel sarebbe stata la mia strada.

Quando ha lasciato Sorrento?
A vent’anni. Ho vissuto e lavorato a Londra e Parigi, per poi ritornare in Italia e ripartire per New York, dove ho avuto modo di lavorare al Waldorf Astoria, in quella che è stata tra le più memorabili esperienze professionali della mia vita. Poi di nuovo in Italia prima di partire per Amsterdam e quindi tornare a Venezia, e da qui a Roma, prima allo Sheraton e quindi al St. Regis, dal 2018.

Cosa le ha lasciato l’esperienza di New York?
Mi ritengo fortunato ad aver lavorato al Waldorf Astoria, davvero iconico e in grado di offrire agli ospiti esperienze autentiche pur contando ben 1.600 camere. Perché il lusso non è un concetto riservato solo alle piccole realtà ricettive o ai boutique hotel, come spesso si pensa: è questione di mentalità e organizzazione. È lì che ho imparato la cultura del “make it happen”, del “no excuses”, e il principio della meritocrazia statunitense. È stata un’esperienza che mi ha ispirato molto.

In confronto ogni altro hotel rischia di sembrare piccolino.
Lavorare per una global company del livello di Marriott è per me una fonte di continua ispirazione, anche oggi che non sono più un ragazzino. The St. Regis Rome ha ben 130 anni ed è stato fondato da Cesar Ritz in persona: abbiamo una storia incredibile alle spalle e manteniamo ben saldo il legame con le origini del nostro albergo e del brand, pur cercando di portare innovazione. Ma l’heritage di questa struttura è uno stimolo continuo, così come l’importanza che l’hotel ha per Roma: siamo molto presenti sulla città, con tante iniziative culturali e sociali.

Ad esempio?
Con Galleria Continua abbiamo creato la prima galleria d’arte contemporanea permanente all’interno di un hotel, che espone capolavori di artisti di fama mondiale. Una sorpresa, per i nostri ospiti internazionali, che da un hotel come il nostro si aspettano solo marmi, stucchi e chandelier di Murano e invece trovano installazioni del XXI secolo, che regolarmente apprezzano moltissimo. E poi ci sono collaborazioni che diventano amicizie, che portiamo avanti perché trasmettono i nostri valori di loyalty, come le partnership con artigiani che hanno avviato da poco la loro impresa o che hanno botteghe storiche e che aiutiamo a reinventarsi. Per esempio, due ragazzi giovanissimi, imprenditori neolaureati, producono le nostre ciabattine da camera Vestieri, i brand romani Coreterno e L.G.R si occupano delle amenities e degli occhiali, dedicando parte del ricavato a progetti in Africa attraverso la Onlus Sight Savers Italia, Tebro disegna i nostri pigiami, Giada Curti e Isaia le nostre divise femminili e maschili. Tutte collaborazioni che hanno contenuti importanti ispirati all’hotel.

Qual è il valore aggiunto del manager dell’anno Giuseppe De Martino?
Il principio di condivisione, il coinvolgimento del team nell’abbracciare un’idea dell’ospitalità innovativa ma che sappia valorizzare le radici. Su molte cose posso e devo ancora migliorare, ma credo di portare in dote una certa dose di creatività, che diventa visione condivisa all’interno dell’hotel. Ne è una prova la cultura della genuinità e della generosità che si respira al St. Regis. E poi c’è la voglia di sorprendere, con un gusto mai troppo serioso, come nelle nostre serate al Lumen Cocktails & Cuisine, vibranti e animate da musica dal vivo per la comunità romana e per gli ospiti in casa.

Un hotel in dialogo con la città.
Siamo molto riconoscenti a Roma, e sappiamo quale sia il ruolo dei grandi alberghi storici nel tessuto cittadino. Cerchiamo di svolgere il nostro lavoro ogni giorno al meglio, anche nei momenti difficili. In pandemia non abbiamo chiuso e ci siamo aperti alla comunità con il volontariato, la raccolta di beni di prima necessità e sostenendo l’arte e la musica – tra i comparti in sofferenza – ospitando un concerto in diretta streaming.

È stato “mentore” nel progetto di Ehma dedicato ai giovani. Cosa pensa delle nuove leve dell’ospitalità?
Ehma è una bella realtà, ci confrontiamo su tanti argomenti in un contesto molto familiare. Di “Mentor me” penso che sia un progetto visionario per attrarre i giovani nel mondo degli alberghi e per sostenerli nel loro percorso di crescita. Quanto ai ragazzi, posso dire che si affacciano al mondo del lavoro con un approccio e un linguaggio tutto nuovo. Dal lato nostro è necessario, per aiutarli a crescere, supportarli con riscontri e incoraggiamenti frequenti, assegnando loro sfide e progetti sempre nuovi. In loro vedo un’ambizione sempre viva, ma che si esprime in modo diverso, dando grande importanza al rapporto bilanciato tra carriera e vita privata. È ciò che cerchiamo di fare qui al St. Regis e in Marriott International.

Insegna alla Luiss in un master sul lusso. Un altro osservatorio privilegiato sui giovani.
Sì, ho via via coinvolto tutto il mio team in questo modulo del master sul Luxury management, inserendo un ciclo dedicato all’ospitalità di lusso, assieme a brand della moda, dei gioielli, del design e dell’automotive. La soddisfazione più grande è stata quella di ritrovare ragazzi – che non pensavano all’hotellerie come percorso formativo – all’interno di grandi hotel di lusso in brand prestigiosi a Roma, Milano e Venezia. È una gioia vederli realizzati nell’ospitalità. Credo che sia fondamentale far capire che l’hotel non è solo il luogo per lavori stagionali o serali. È soprattutto un luogo di esperienze e di nuove figure professionali, aperte anche ai laureati e a persone sempre più competenti.

Qual è il futuro prossimo del lusso?
Ogni ospite ha aspettative diverse, quindi è fondamentale possedere la sensibilità per coglierle e restituirle in un’esperienza personalizzata, mantenendo intatta la propria identità. L’elemento in grado di fare la differenza, nel lusso, è il tempo. Al di là delle coccole – una suite super curata, amenities in camera, alta cucina, servizi di eccellenza – è fondamentale poter dedicare tempo agli ospiti, direttamente e attraverso la cura del dettaglio. Un principio che si traduce in momenti dedicati all’ospite come il benvenuto, un saluto al mattino durante la prima colazione, un dialogo sulle esperienze e i posti da non perdere, in modo genuino e autentico. In fondo, chi arriva dall’estero desidera carpire “l’italianità” anche attraverso lo stile di vita di un cameriere o di una signora ai piani: vuole sapere dove vive, dove mangia la pizza, cosa fa nel tempo libero. È questo che resta inimitabile, del nostro Paese.

Il brand Italia continua a funzionare, quindi.
L’ Italia è il Paese dell’ospitalità per eccellenza, riscontro qualcosa di simile solo in Asia. Come dicevo, il mondo ammira – oltre alla nostra oggettiva bellezza – soprattutto il nostro lifestyle: come viviamo, come ci vestiamo, come mangiamo, i nostri riti quotidiani. Un tesoro che può anche costituire un limite, perché non stimola a fare meglio, ad accendere la voglia di rinnovarsi e di mettersi in discussione.

Che rapporto ha oggi con la sua Sorrento?
Il legame con Sorrento è fortissimo e il mio weekend ideale resta quello trascorso in costiera, al mare, in barca con la famiglia e i miei quattro figli. A Roma amo correre al mattino a Villa Borghese: con altri direttori di hotel avevamo anche creato un gruppo per allenarci insieme e – onestamente – anche per provare nuovi ristoranti. Credo che restare in forma, fisicamente e mentalmente, faccia parte del mestiere, e quindi cerco di ritagliarmi spazi per fare sport: il tempo è un lusso anche per chi sta da questo lato del bancone.

Carta di identità

Nato a Sorrento, Giuseppe De Martino ha avuto diverse esperienze internazionali in alcune delle proprietà più iconiche al mondo in destinazioni di rilievo (New York, Amsterdam, Parigi, Londra), per poi tornare in Italia. Da allora ha ricoperto ruoli di top management, dapprima al The Westin Europa & Regina Venice (dal 2018 The St. Regis Venice) e poi allo Sheraton Hotel & Conference Center Rome (ora Cardo Roma, Autograph Collection). Da marzo 2018 è General Manager di The St. Regis Rome. Presidente di Unindustria – Sezione Turismo e Tempo Libero, Lazio e docente della Luiss Business School nel Master in Luxury Management, è stato premiato da Ehma come Hotel General Manager Italiano dell’anno nel novembre 2024.

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