Nel mondo dei viaggi, dove ogni itinerario racconta una storia unica, l’intelligenza artificiale si scontra con un limite significativo: la capacità di cogliere le emozioni e le esigenze non espresse dei viaggiatori.
Proprio su questo punto si è concentrata Cathy Adams, Senior Commissioning Editor di The Times, con un esperimento tanto curioso quanto rivelatore che ha poi raccontato in un suo articolo. Il suo primo approccio con l’IA risale a qualche mese fa, quando cercava disperatamente informazioni sul permesso di transito senza visto di 144 ore per la Cina continentale.
Tra traduzioni approssimative, guide online ormai superate e agenti di viaggio altrettanto incerti, si era ritrovata in un vicolo cieco. Reddit sembrava poterle offrire una via d’uscita, ma i forum non avevano fatto altro che aumentare la confusione.
Quasi per gioco, Adams ha quindi deciso di rivolgersi a ChatGPT. Con sua grande sorpresa, in pochi secondi l’IA è riuscita a sintetizzare tutte le informazioni necessarie, risolvendo un problema che fino a quel momento le era sembrato insormontabile. Finalmente, poteva partire per Pechino con la soddisfazione di chi ha trovato una risposta chiara e concreta.
Eppure, questo successo ha aperto un interrogativo inevitabile: fino a che punto possiamo davvero affidarci all’intelligenza artificiale per organizzare un viaggio?
Il digitale al servizio del travel
Non è un caso che l’industria del turismo, un settore frammentato che intreccia geopolitica, normative internazionali e rotte aeree, stia investendo nell’IA per offrire soluzioni più rapide ed efficienti. Dai suggerimenti per musei e ristoranti su Expedia, ai voli economici trovati da Kayak, fino alle prenotazioni gestite da piattaforme come HotelPlanner, l’intelligenza artificiale sembra ormai una presenza costante. Proprio HotelPlanner, ad esempio, ha registrato prenotazioni per un valore di 150.000 sterline dal suo lancio nell’ottobre scorso.
Cathy Adams non è estranea al mondo del travel online: voli e hotel fissati in pochi clic, carte d’imbarco salvate su Google Wallet, punti fedeltà monitorati con le app delle compagnie aeree… tutto senza mai interagire con un essere umano. Proprio per questo motivo, ha deciso di testare fino a che punto può spingersi l’intelligenza artificiale nella prenotazione di un viaggio.
I limiti dei chatbot
Adams ha deciso di mettere alla prova diversi chatbot dedicati ai viaggi, ma i risultati sono stati tutt’altro che soddisfacenti. Le risposte fornite, spesso incomplete o fuori contesto, non hanno rispecchiato le aspettative della giornalista.
Con Olivia di HotelPlanner, una semplice richiesta per trovare un hotel a New York si è trasformata in un dialogo sterile e frustrante. Dopo aver chiesto in quale zona della città l’utente stesse cercando l’alloggio, il chatbot ha simulato l’elaborazione della richiesta con il suono di una tastiera in attività, un dettaglio che lasciava presagire una soluzione imminente. Tuttavia, ciò che è seguito è stato solo un silenzio imbarazzante, che Adams ha interpretato come una chiusura improvvisa della conversazione, priva persino della consapevolezza del fallimento.
Non è andata meglio con Cassandra, un’altra assistente virtuale. Questa volta, la giornalista ha chiesto di prenotare un tour in Sri Lanka. La risposta? Un secco “Ci occupiamo esclusivamente di prenotazioni alberghiere”, seguito da un invito a contattare un’agenzia di viaggi. Un’altra opportunità mancata, un’altra porta chiusa.
Il valore insostituibile dell’intervento umano
Questi esperimenti hanno ribadito un principio fondamentale: l’IA è perfetta per compiti rapidi e semplici, ma quando si tratta di un viaggio — un’esperienza che coinvolge emozioni e investimenti personali — nulla può sostituire l’intervento umano.
Viaggiare non è solo una questione logistica. È un mosaico di emozioni, aspirazioni e ricordi da creare. Certo, Olivia o Cassandra possono trovare un hotel senza personalità a New York per una notte, ma una vacanza è ben altro. Nessun bot è in grado di trasformare speranze e sogni in un itinerario che rispecchi davvero ciò che desideriamo vivere.
Un agente di viaggio esperto, invece, sa leggere tra le righe, intuire desideri inespressi e progettare esperienze su misura. Un computer può calcolare un percorso, ma non potrà mai catturare l’euforia di fronte allo skyline di Hong Kong o la magia di una passeggiata tra le vie parigine.
Il ritorno degli agenti di viaggio umani
I numeri parlano chiaro: nel 2023 il 38% dei viaggiatori ha scelto di affidarsi a un professionista umano, segnando un incremento significativo rispetto all’anno precedente.
Nel 2024, invece, l’adozione dell’intelligenza artificiale nel settore travel ha registrato una crescita significativa, con un numero sempre maggiore di utenti disposti a utilizzare strumenti avanzati per organizzare e prenotare le proprie esperienze. Secondo le previsioni, questa percentuale raggiungerà il 45% entro il 2025, considerando solo i viaggiatori italiani
Tuttavia, parallelamente, la fiducia nei professionisti umani resta solida: circa 11 milioni di italiani, pari al 22% della popolazione, continuano a preferire le agenzie di viaggio tradizionali. Questo fenomeno è particolarmente evidente tra gli over 55, che vedono nel contatto umano non solo una guida esperta ma anche una rassicurazione e una personalizzazione che l’intelligenza artificiale fatica ancora a replicare.
In definitiva, mentre la tecnologia avanza rapidamente, l’esperienza e l’empatia umana continuano a rappresentare un valore insostituibile per chi cerca un supporto su misura, attento e affidabile. Questo principio si applica trasversalmente a ogni ambito: dalla scelta e prenotazione di un viaggio, alla sua pianificazione nei minimi dettagli, fino alle strategie di marketing e comunicazione. Qui, l’intervento umano fa la differenza nel saper interpretare emozioni, adattarsi alle sfumature di ogni struttura e offrire soluzioni creative e personalizzate che nessun algoritmo, per quanto sofisticato, è ancora in grado di replicare.